Primavera: alla scoperta di Matteo Colombo
Il centrocampista classe 2004 ha cominciato la sua nona stagione in nerazzurro
Di strada ne ha fatta, Matteo Colombo, il motorino del centrocampo della Primavera nerazzurra. E di chilometri, nella sua vita, ne ha già percorsi tanti. In tutti i sensi, in campo e fuori. Centosessanta chilometri al giorno, un'ottantina ad andare e altrettanti a tornare, quanti ce ne vogliono per percorrere il tratto da Venegono Inferiore, in provincia di Varese, al Centro Bortolotti. "Ho fatto tanti chilometri, è vero, ma la voglia è rimasta sempre la stessa. Non dimentico però i tanti sacrifici fatti dalla mia famiglia per seguirmi in tutti questi anni, penso ai miei genitori e a mio nonno Giuseppe. Anche lui giocava ma ha dovuto smettere presto per lavorare e aiutare la sua famiglia. Mi ha trasmesso la passione per il calcio fin da bambino, ha sempre seguito tutte le mie partite e quando magari non c'era il pulmino, mi portava lui al campo. Loro mi hanno sempre sostenuto, sono la mia forza".
Una vita da mediano, quella di Matteo, classe 2004, alla sua nona stagione in nerazzurro. "Ho sempre fatto la mezzala o il mediano, anche se all'inizio mi impiegavano spesso anche come terzino destro visto che sapevo crossare bene. La corsa e il fiato poi non sono mai mancati. Di gol, invece, non ne ho mai segnati tanti. Ma l'anno scorso sono contento di averli fatti in un momento importante della stagione e che sono serviti a ottenere due vittorie pesanti sui campi di Fiorentina, con un bellissimo gol di sinistro da fuori area, e Frosinone, riscattando subito un autogol. È stata una stagione che ci ha comunque fatto crescere a livello mentale: ci ha insegnato che bisogna anche saper soffrire nei momenti di difficoltà e che non bisogna mai arrendersi".
"Ho cominciato a giocare nell'oratorio del mio paese - racconta - poi dopo quattro anni alla Varesina, ai tempi società affiliata all'Atalanta, nel 2015 sono arrivato in nerazzurro. Mi ricordo bene: prima un'amichevole, poi un provino che andò bene. Quando mi dissero che mi avevano preso, fu una grandissima emozione. Sapevo che era un'occasione unica e di arrivare in una delle società migliori d'Italia. Per questo ero felicissimo".
Emozioni che poi si sono ripetute nel corso degli anni, con l'apice raggiunto la scorsa primavera. "Ripenso alla panchina a San Siro contro l'Inter, con settantamila spettatori e tutta la mia famiglia a vedermi. Era la mia terza convocazione, la prima invece contro l'Empoli. Dopo la rifinitura stavo tornando nello spogliatoio della Primavera quando Giancarlo Finardi mi ha detto che ero stato convocato da mister Gasperini. Il cuore ha cominciato a battere a mille, ho subito avvisato tutti a casa. La prima convocazione in prima squadra e quasi non ci credevo: era il sogno che avevo da bambino, un giorno spero di realizzarne anche uno più grande e fare l'esordio".
Ogni volta che Matteo viene chiamato ad allenarsi coi più grandi, è un'occasione per crescere e imparare. "Anche per questioni di ruolo e per le loro caratteristiche tecniche, i miei giocatori preferiti sono sempre stati de Roon e Koopmeiners. In particolare di de Roon ammiro la grande intelligenza tattica, come sa sempre aiutare la squadra".
Il finale della scorsa stagione è stato particolarmente intenso per Matteo, diviso tra Primavera e prima squadra e con gli esami di maturità all'orizzonte. "È stata tosta, ma ce l'ho fatta. Per recuperare ascoltavo gli audio delle lezioni dei professori in viaggio mentre tornavo da Zingonia. Alla fine sono riuscito a prendere il diploma: amministrazione finanza e marketing. Adesso ho intenzione di fare dei corsi di lingue e in futuro di iscrivermi anche all'università, magari scienze motorie, comunque sempre un indirizzo inerente al mondo dello sport".