Primavera: alla scoperta di Piotr Pardel

Primavera: alla scoperta di Piotr Pardel

Il portiere polacco ha già parato due rigori in campionato

Due rigori su due già parati in questo campionato, il secondo sabato scorso nel match pareggiato sul campo dell'Empoli. "È stata una bella parata - racconta Piotr Pardel, numero uno della Primavera nerazzurra - ma soprattutto sono contento perché è servita per fare risultato: sullo 0-0, dopo pochi minuti, parare un rigore è stato importante per aiutare la squadra. Sono felice perché in questo campionato è il secondo che paro in quattro partite, mentre l'anno scorso in U18 ne avevo parato uno su cinque. Sto studiando e penso di essere migliorato anche sotto quest'aspetto. Questa è la mia terza stagione all'Atalanta e il lavoro fatto qui con gli allenatori che ho avuto, Frezzolini e Manini, sento che mi è servito molto per migliorare: sono stati importanti per la mia crescita".

Piotr Pardel in campo dà l'impressione di essere un uomo di ghiaccio, fuori è un ragazzo solare con le idee ben chiare. "Sono fatto così: preferisco essere calmo ma so anche riconoscere i momenti in cui poter ridere e scherzare. Mi piace però affrontare con serietà le cose che faccio, perché lavoro ogni giorno per diventare un portiere professionista".

Un sogno che Piotr coltiva fin da bambino: "Mi ricordo ancora i miei primi guanti, quelli di Petr Cech, uno dei miei portieri preferiti da bambino insieme a Neuer, il mio vero idolo. Ora, quando mi capita di allenarmi con la prima squadra, osservo Musso, Carnesecchi e Rossi perché ogni portiere ha le sue caratteristiche e io cerco di prendere qualcosa da ognuno di loro. Amo il ruolo del portiere perché è diverso da tutti gli altri. E pensare che da bambino mi piaceva giocare anche fuori, prendere palla e dribblare tutti: a scuola non stavo mai in porta. Però ho un video di quando avevo cinque anni nel quale mio papà mi ha chiesto cosa volessi fare nella mia vita e io gli ho risposto che volevo fare il portiere. Così, dal nulla l'ho detto. E ancora non giocavo a calcio".

Le idee chiare Piotr le aveva già allora. Secondo di quattro fratelli (uno più grande e due sorelle minori), l'unico che ha preso la strada dello sport. "Sono l'unico sportivo nella mia famiglia. Da piccolino facevo tanti sport e questo secondo me mi ha aiutato. Mi piace molto la pallavolo, ma anche fare camminate in montagna". Il calcio però ha sempre avuto un posto di riguardo nella vita di Pardel: "A casa giocavo con mio fratello o mio cugino, facendo la porta usando come pali due scarpe o dei bastoncini di legno. Ai tempi poi ci si ritrovava tutti al campetto e si giocava quasi tutti i giorni. Sono cresciuto in un villaggio di mille abitanti, Marianowo, a 70 km da Szczecin, dove poi ho giocato per sette anni prima di arrivare all'Atalanta. Ero nella squadra del mio paese quando il mio professore di scuola mi segnalò a un allenatore dell'Academy del FASE Szczecin: il primo giorno di allenamento mi hanno chiesto che ruolo volessi fare e gli ho risposto che volevo fare il portiere. Da allora non sono più uscito dai pali".

Un percorso lungo che ha portato Piotr a Bergamo: "Mi ricordo bene il mio primo giorno: volo in ritardo per il maltempo e dirottato su Roma, poi viaggio in pulmino fino a Bergamo. Sono arrivato alle 4 di notte alla Casa del Giovane e ho dormito solo poche ore. Ma poi una volta entrato nel Centro Bortolotti è stato tutto fantastico: mi sono ritrovato in uno dei centri sportivi migliori, dove ti puoi allenare al meglio. L'Atalanta mi ha subito messo a disposizione un insegnante di italiano e io ho cercato di imparare la lingua in fretta perché è importante riuscire a capire e comunicare, ti aiuta". Nota di cronaca: missione compiuta, infatti è stato in grado di fare l'intera intervista in italiano.

VivaioPiotr Pardel