Primavera: alla scoperta di Matteo Salvi

il difensore toscano è arrivato in estate dal Pisa

Nella quinta puntata del nostro viaggio nel mondo della Primavera, andiamo alla scoperta di Matteo Salvi, difensore toscano classe 1999, arrivato in estate dal Pisa. Un gigante della difesa coi suoi 196 centimetri che si è fatto apprezzare velocmente per le sue qualità, tanto da conquistarsi subito uno spazio importante.

Matteo, per te questa è la prima esperienza lontano da casa dopo aver giocato sempre in Toscana.

“È vero, ma il calcio è la mia passione da sempre per cui non è stato un problema per me. All’inizio logicamente mi sono dovuto abituare al cambiamento, ma sono un ragazzo aperto, ho trovato un gruppo fantastico e mi sono inserito velocemente”.

La passione per il calcio da dove nasce?

“L’ho sempre avuta io. In famiglia anche mio zio Fabio giocava, era molto bravo, ma poi ha seguito un’altra sua passione, il pianoforte: ora fa il musicista, insegna nelle scuole e ha partecipato anche a dei programmi televisivi. Io invece sono sempre stato fissato col calcio, anche se da bambino i miei genitori mi hanno iscritto a nuoto. Ma non mi piaceva, così a sei anni a un certo punto non scendevo più dall’auto se dovevo andare a far nuoto: volevo giocare a calcio. Passavo le giornate nel giardinetto davanti a casa: a 5 anni giocavo anche coi ragazzi di 15, non era un problema, mi bastava giocare. E così a 7 anni ho cominciato nella Polisportiva Nevilio Casarosa, a Fornacette, dove sono cresciuto. Il centro sportivo praticamente era dietro casa mia”.

E da Fornacette è cominciato tutto…

“Sono stato lì solo nove mesi, perché mi ha preso subito l’Empoli. Allora non facevo il difensore: giocavo in attacco. Il fisico mi aiutava: sono sempre stato più alto della media dei miei compagni, anche se il boom di crescita l’ho avuto nei Giovanissimi Nazionali quando in un anno mi sono alzato di dieci centimetri. L’altezza è una questione di famiglia: papà, mamma, nonno, bisnonno, tutti alti. All’inizio comunque facevo l’attaccante. E segnavo anche. Un anno ho fatto più di cento gol. Mi ricordo che il mio babbo segnava tutti i gol sul computer”.

Poi quando ti hanno spostato in difesa?

“All’Empoli sono arrivato da attaccante, poi gradualmente mi hanno spostato a esterno sinistro e quando abbiamo cominciato a giocare a 9, sono diventato difensore centrale. Ma il fiuto del gol da attaccante diciamo che mi è rimasto un po’ e quando salgo per i calci piazzati, cerco di sfruttarlo”.

All’Empoli quanto sei rimasto?

“Dagli 8 ai 16 anni. Poi sono passato al Pisa. Sono rimasto gli ultimi due anni e sono stati fondamentali per me. Mi sono allenato con la prima squadra insieme a mister Gattuso che mi ha fatto crescere molto sia a livello tecnico che come mentalità. La grinta che metto in campo me l’ha trasmessa lui. Sono stati due anni importanti: ripenso alla prima stagione, con gli Allievi Nazionali quando siamo arrivati a giocarci la finale scudetto con il Pavia”.

Poi la chiamata dall’Atalanta.

“L’avevo affrontata con la Primavera del Pisa e avevo fatto delle buone gare. Quando mi hanno detto che c’era la possibilità di venire all’Atalanta, non ci ho pensato un secondo. Per me l’Atalanta è un traguardo che ho sempre sognato di raggiungere: ho sempre sperato di arrivare in una società del genere. E il primo impatto devo dire che è stato fantastico: ho trovato un’organizzazione meravigliosa e al Centro Bortolotti c’è tutto per lavorare bene. Mi sono trovato subito bene con il mister e i compagni. E sono anche riuscito a giocare diverse partite. Sono arrivato qui sapendo di trovare una rosa ampia e ragazzi veramente forti, ma anche convinto di potermela giocare. E sono contentissimo di come sta andando la stagione”.

Il tuo sogno nel cassetto?

“Riuscire un giorno a esordire in Serie A con questa maglia. Qualche volta ho giocato in amichevole contro la prima squadra e sono sempre esperienze fantastiche. In particolare guardo Masiello, un difensore che mi piace molto e da cui cerco di rubare qualche segreto del mestiere. Da bambino invece il mio idolo era Zanetti: mi piaceva sia come calciatore che come persona. Poi all’Empoli ho cominciato a osservare Rugani: lui ha cinque anni più di me, sono cresciuto col suo esempio. Andavo a fare il raccattapalle allo stadio e lo guardavo sempre con grande attenzione e ammirazione: una volta dopo la partita della promozione in A mi ha anche regalato i pantaloncini: per me sono un ricordo fantastico”.

 

  • 08/11/2017
  • Primavera